Tag Archives: palafitte

Conferenza Archeoclimat – Nuove tecnologie per il patrimonio culturale minacciato dalla crisi climatica

7EMEZZO PER IL PATRIMONIO MINACCIATO DALLA CRISI CLIMATICA

Ogni giorno, a causa della crisi climatica, lo scioglimento dei ghiacciai e l’abbassamento del livello dell’acqua in laghi, fiumi e zone umide portano alla luce un patrimonio archeologico straordinariamente preservato, ma altrettanto a rischio.

L’affioramento di siti, manufatti antichi e reperti organici eccezionalmente conservati dal freddo o dall’assenza di ossigeno costituisce un’occasione unica per il progredire della ricerca archeologica, ma la frequenza ormai rapidissima di tali ritrovamenti getta gli studiosi e i restauratori in un costante clima di emergenza: occorre infatti intervenire prontamente per documentare, proteggere e valorizzare questo patrimonio, sia che si tratti un singolo manufatto che di un intero sito archeologico.

Le nuove tecnologie possono supportare gli studiosi in questo processo: ne abbiamo parlato a Novembre a Lione, in Francia, alla Conferenza Archeoclimat – Archaeological Heritage in a changing climate: understanding, preserving and promoting remains in wetland, underwater and in glacial environments. 

La conferenza si è tenuta dal 24 al 26 Novembre 2022 presso la Lumière University – Lyon 2, ed è stata promossa dal Regional Archaeology Service for the Auvergne Rhône-Alpes Region con il supporto del Gruppo di Coordinamento Internazionale del Sito UNESCO Transnazionale “Siti Palafitticoli Preistorici dell’Arco Alpino”, che dal 2011 riunisce 111 siti palafitticoli tra Svizzera, Francia, Germania, Austria, Slovenia e Italia, databili tra il Neolitico e l’età del Ferro (2300 a.C. – 500 a.C.)

Alla conferenza abbiamo portato il nostro contributo parlando, con il nostro gruppo di ricerca, della scoperta, documentazione, stabilizzazione, restauro fisico e virtuale, studio e monitoraggio di due travi in legno di quercia lunghe circa 8 metri  e dotate di 25 fori quadrangolari, scoperte nel 2015 e 2016 presso il sito D del Lucone di Polpenazze un abitato palafitticolo sito in area Gardesana e frequentato prevalentemente nell’Età del Bronzo. Il Lucone, grazie al frequente ritrovamento di pareti, travi, capriate, soglie e porte in legno risalente a circa 4000 anni fa, costituisce uno dei siti più importanti in Europa per la conoscenza dell’utilizzo del legno negli alzati delle palafitte.

Le due travi, risalenti a circa 4000 anni fa, sono state sottoposte a trattamento conservativo a Milano presso il Centro per il Trattamento del Legno Bagnato presso la Soprintendenza ABAP per le province di Como, Lecco, Sondrio e Varese, sono state analizzate dal CNR-IBE (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la BioEconomia) e sono state oggetto di monitoraggio prima e dopo la loro esposizione al pubblico presso il Museo Archeologico della Valle Sabbia a Gavardo (BS)

Le travi del Lucone esposte presso il MAVS – Museo Archeologico della Valle Sabbia

Credits: Archivio MAVS

Scanner a luce strutturata utilizzato per la scansione 3D dei reperti

Credits: Aerarium Chain

Noi di 7emezzo ci siamo occupati, con Aerarium Chain, della scansione 3D e del restauro virtuale delle due travi, per scoprire come venissero utilizzate nell’antichità.

La scansione è stata condotta tramite scanner a luce strutturata ed è stata integrata virtualmente grazie al restauro virtuale, che ha permesso di ricreare perfettamente la forma delle strutture lignee. 

Ed ecco la scoperta straordinaria! Le due travi, sebbene presentino irregolarità dettate dalla lavorazione con metodi artigianali, usando cunei ed asce, presentano caratteristiche comuni, soprattutto nella disposizione dei fori. 

La ricostruzione e il restauro virtuale permettono dunque di ipotizzare:

  •  che le due travi siano state progettate per essere utilizzate insieme e contemporaneamente 
  • che le travi non avessero funzione portante
  • che i fori delle due travi potessero ospitare numerose traverse in legno 

A cosa servivano allora queste travi? Ecco le tre ipotesi.

LE TRE IPOTESI

1 – Passatoia, sentiero su zona umida

Immaginiamo una funzione non portante delle travi, che possano accogliere traverse e che la struttura sia appoggiata per terra con funzione di passatoia, sentiero in legno.

2 – Scala

La parte delle punte potrebbe essere stata funzionale all’appoggio a terra della scala a pioli.

3 – Parte terminale delle travi del tetto

 

Scansione 3D – Grotte di Pertosa (SA)

In collaborazione con la Fondazione MIDA nelle Grotte di Pertosa, avanti già alle spalle numerosi studi, sono stati portate avanti indagini archeologiche, costanti lavori di conservazione e miglioramento per garantire la preservazione delle formazioni calcaree.

Le Grotte presentano infatti due unicità che consistono nell’essere le uniche grotte in Italia dove è possibile navigare un fiume sotterraneo, il Negro ed essere le sole in Europa a conservare i resti di un villaggio palafitticolo risalente al II millennio a.C.

GROTTE DI PERTOSA

Le Grotte di Pertosa, conosciute anche come le Grotte dell’Angelo, sono famose per le loro formazioni calcaree spettacolari e per i fiumi sotterranei che le attraversano. Si tratta di una serie di grotte sotterranee situate nella città di Pertosa, nella regione della Campania.

Le prime indagini furono compiute nel 1898 da due studiosi, Giovanni Patroni e Paolo Carucci. Oltre ai numerosi reperti che delinearono le diverse fasi di frequentazione umana della grotta, quest’ultimo rinvenne una struttura di legno, simile ad una palafitta; mentre Carucci, raggiungendo una profondità di 2,80 metri scoprì in una seconda palafitta.

Dopo l’apertura del sito nel 1932, gli studiosi hanno studiato e analizzato le stalattiti e le stalagmiti li presenti e nel corso degli anni hanno allestito e organizzato il geosito in percorsi turistici tali da poter camminare lungo i sentieri e attraversare i fiumi sotterranei in piccole imbarcazioni. Negli anni 2009 e 2013 di fatto la situazione si è trasformata in relazione al deposito terroso inglobato in una banchina di imbarco per i turisti e per la costruzione di una diga che ha innalzato il livello idrico sommergendo il giacimento archeologico. Le indagini moderne hanno messo in evidenza come l’impianto palafitticolo, datato con il radiocarbonio al II millennio a.C., si sviluppa sia lungo il margine sinistro dell’antegrotta che in ambienti completamente bui.

Oltre all’aspetto turistico, le grotte hanno continuato a essere oggetto di ricerche scientifiche e geologiche. Gli speleologi e gli scienziati hanno studiato la flora, la fauna e la geologia delle grotte per comprendere meglio il loro ambiente unico.

 

GROTTE DI PERTOSA, SALERNO

STORIA DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI


La storia degli scavi e dell’esplorazione di queste grotte inizia nel XX secolo. Le Grotte di Pertosa furono infatti scoperte per la prima volta nel 1932 da un gruppo di speleologi italiani. Questi speleologi, tra cui Ettore Molaroni, Antonio Romanelli, e Raffaele Bentivoglio, furono i primi a esplorare le grotte in profondità e a documentarne le caratteristiche geologiche e naturali.

Dopo la scoperta iniziale, gli speleologi continuarono ad esplorare e studiare le grotte scoprendo numerosi passaggi, vasellame, camere sotterranee e corsi d’acqua all’interno delle grotte. La prima sezione delle grotte fu resa accessibile ai visitatori attraverso sentieri e passerelle nel 1938 e solo successivamente furono installate luci per illuminare le formazioni calcaree e furono aperti nuovi percorsi turistici.

Le Grotte di Pertosa sono diventate una delle principali attrazioni turistiche nella regione della Campania e sono state oggetto di costanti lavori di conservazione e miglioramento per garantire la sicurezza dei visitatori e la preservazione delle meravigliose formazioni calcaree.

VIDEO PANORAMICO- GROTTE DI PERTOSA

Breve video panoramico delle meravigliose Grotte di Pertosa con un ringraziamento al Presidente della Fondazione MIdA Francescantonio D’Orilia, Sindaco di Pertosa Michele Caggiano, l’ingegnere Angelo Mastrangelo, gli speleologhi Antonio Coronato e Pierino Di Blasio e la responsabile marketing Fondazione MIdA Anna De Mauro

Lo scavo per tutti

Lo scavo per tutti

L’applicazione “Lo scavo per tutti” è stata creata come supporto alle attività didattiche che si tengono durante lo scavo delle palafitte a Lucone di Polpenazze del Garda (BS), diretto dal Museo Archeologico Valle Sabbia di Gavardo. Il progetto è nato in collaborazione con GEB Archeologia srl.

L’applicazione permette di esplorare le fasi del sito intraprendendo digitalmente le varie attività dell’archeologo, come il disegno dei reperti, la campagna fotografica dei vari ritrovamenti e la schedatura dei materiali. Al termine della prima fase d’indagine virtuale segue quella di interpretazione e ricostruzione in 3D delle fasi di vita del terreno.

Per saperne di più e seguire in diretta gli aggiornamenti sugli scavi archeologici del sito di Lucone di Polpenazze, cliccate i seguenti approfondimenti.

scavi al lucone
MUSEO MAVS
SCHEDA UNESCO - Abitazioni preistoriche in lEGNO










Le immagini del sito archeologico sono tratte dalla pagina del Museo MAVS.