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Convegno AIPMA 2022 – Il 3D per la rilettura del contesto architettonico e decorativo della Villa Romana di Desenzano del Garda. Ricerca scientifica e valorizzazione.

IL 3D PER LA RILETTURA DI UN CONTESTO ARCHITETTONICO E DECORATIVO

7mezzo.biz e l’Università di Verona fanno scuola al prestigioso Convegno triennale AIPMA – Association Internationale pour la Peinture Murale Antique, svolto a Cartagena (Spagna) dal 12 al 16 Settembre 2022.

Il convegno ha rappresentato un’importante vetrina per presentare alcuni dei risultati del progetto E-Archeo a cui abbiamo collaborato. 

Il progetto E-Archeo, promosso dal Ministero della Cultura e coordinato dalla società ALES S.p.A, ha l’ambizione di estendere l’uso del 3D a numerosi siti italiani statali non solo per generare ricostruzioni virtuali utili a migliorare la fruizione al pubblico, ma affinchè esse diventino prezioso strumento per la ricerca scientifica.

Al convegno abbiamo presentato i risultati della sperimentazione della metodologia del progetto su un caso di studio, costituito dalla Villa Romana di Desenzano del Garda (BS), che ci ha portati a presentare una ricostruzione virtuale della villa attraverso una revisione dell’edito e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

La villa romana di desenzano

La Villa Romana di Desenzano del Garda (BS) rappresenta una delle ville romane tardo-antiche meglio conservate del Nord-Italia. Il complesso, appartenente sicuramente ad una famiglia di alto rango (uno degli ultimi proprietari potrebbe essere stato Flavius Magnus Decentius, fratello dell’imperatore Magnenzio, che regnò dal 350 al 353 d.C.) , fu edificato tra III e IV sec. d.C. sopra ad un edificio precedente, una villa rustica destinata alla produzione di olio (una tradizione ancora molto sentita in area Gardesana) e forse vino.

La villa, oggi visitabile e celebre per i suoi vivaci pavimento a mosaico, doveva affacciarsi anticamente sul lago ed era dotata di moli, banchine e vasche per l’allevamento ittico.

Scopri di più sulla Villa Romana di Desenzano 

La Villa Romana di Desenzano

La planimetria della Villa

FLUSSO DI LAVORO

1 – Dal dato scientifico…

Il primo passo ha previsto l’acquisizione, l’analisi, la sistematizzazione dei dati scientifici già editi e la ricerca di confronti, vicini per cronologia e destinazione d’uso, che favorissero la comprensione degli aspetti architettonici e decorativi del contesto di Desenzano. Il dato scientifico è infatti imprescindibile per proporre una ricostruzione filologica di un contesto archeologico.

Il Ninfeo B della Villa Romana di Desenzano – situazione attuale

2 – …alla ricostruzione 3D

A seguito della ricerca bibliografica è stato possibile compiere il secondo passo verso la ricostruzione 3D della villa. A partire da un rilievo fotogrammetrico di tutto il sito, è stato possibile modellare e ricostruire virtualmente le volumetrie della villa con l’utilizzo dell’Extended Matrix (EM), un sistema di raccordo tra rilievo 3D, fonti e modello 3D ricostruttivo che permette di tracciare i processi cognitivi di anastilosi virtuale. 

L’Extended Matrix permette di tenere traccia e di organizzare la documentazione archeologica, i confronti e le citazioni ad articoli, fonti, immagini, ecc. in modo che le successive fasi di modellazione risultino tracciabili e accurate. A partire quindi da un rilievo 3D è possibile sovrapporre più USV (Unità Stratigrafiche Virtuali), connesse tra loro da una matrice relazionale estesa, ovvero un classico Matrix che lega le USV da relazioni di contemporaneità, posteriorità, anteriorità, ma che inoltre consente di trasportare con sé metadati. In questo modo viene reso trasparente il processo ricostruttivo, fornendo un grado di affidabilità agli elementi presenti nella scena, espressi da quattro livelli principali: reperti esistenti in situ (rosso), USV strutturali (blu), USV non strutturali (verde – ipotesi di ricostruzione non basate su elementi in situ), anastilosi (giallo – ricostruzioni basate su elementi tangibili non più in situ). Questo flusso di lavoro è basato su Blender e abbraccia la filosofia FLOSS.

Una volta completato il processo ricostruttivo “scientifico” della villa, la società Carraro Lab ha potuto trasformare queste informazioni in un modello 3D “artistico”, con texture estremamente accurate. I risultati sono stati pubblicati su piattaforma Zenodo

Ninfeo B della Villa Romana di Desenzano – Extended Matrix

Dall’architettura all’apparato decorativo

Il risultato è sicuramente di impatto: abbiamo infatti potuto proporre, con solidi metodi filologici, una ricostruzione virtuale di uno degli ambienti più affascinanti della villa: il viridarium posto alle spalle delle sale di rappresentanza della Villa di Desenzano. La ricostruzione non si è limitata alla rilettura delle architetture di questo spazio, ma è stata estesa alla ricostruzione della sua decorazione pittorica. Partendo da alcuni lacerti di affresco ancora conservati in situ, e attraverso il confronto con contesti meglio conservati dove è testimoniata una simile decorazione (per es. Efeso, Pergamo, Bulla Regia) è stato possibile restituire la ricostruzione dell’hortus pictus decorato con motivi fitomorfi ornamentali.

Ninfeo B della Villa Romana di Desenzano – Extended Matrix

La villa di Desenzano non è l’unica area dell’area Gardesana in cui abbiamo sperimentato questo tipo di tecnologia: un simile approccio è stato utilizzato anche per la ricostruzione virtuale delle Grotte di Catullo a Sirmione. Ai due progetti Rai Storia ha dedicato il documentario e-Archeo: Parchi Archeologici Sirmione e Desenzano, St 2022Ep 1

Il progetto e-Archeo è stato ideato e commissionato da Ales SpA per conto del Ministero della Cultura. Le immagini utilizzate nel post hanno copyright e-Archeo.

Conferenza Archeoclimat – Nuove tecnologie per il patrimonio culturale minacciato dalla crisi climatica

7EMEZZO PER IL PATRIMONIO MINACCIATO DALLA CRISI CLIMATICA

Ogni giorno, a causa della crisi climatica, lo scioglimento dei ghiacciai e l’abbassamento del livello dell’acqua in laghi, fiumi e zone umide portano alla luce un patrimonio archeologico straordinariamente preservato, ma altrettanto a rischio.

L’affioramento di siti, manufatti antichi e reperti organici eccezionalmente conservati dal freddo o dall’assenza di ossigeno costituisce un’occasione unica per il progredire della ricerca archeologica, ma la frequenza ormai rapidissima di tali ritrovamenti getta gli studiosi e i restauratori in un costante clima di emergenza: occorre infatti intervenire prontamente per documentare, proteggere e valorizzare questo patrimonio, sia che si tratti un singolo manufatto che di un intero sito archeologico.

Le nuove tecnologie possono supportare gli studiosi in questo processo: ne abbiamo parlato a Novembre a Lione, in Francia, alla Conferenza Archeoclimat – Archaeological Heritage in a changing climate: understanding, preserving and promoting remains in wetland, underwater and in glacial environments. 

La conferenza si è tenuta dal 24 al 26 Novembre 2022 presso la Lumière University – Lyon 2, ed è stata promossa dal Regional Archaeology Service for the Auvergne Rhône-Alpes Region con il supporto del Gruppo di Coordinamento Internazionale del Sito UNESCO Transnazionale “Siti Palafitticoli Preistorici dell’Arco Alpino”, che dal 2011 riunisce 111 siti palafitticoli tra Svizzera, Francia, Germania, Austria, Slovenia e Italia, databili tra il Neolitico e l’età del Ferro (2300 a.C. – 500 a.C.)

Alla conferenza abbiamo portato il nostro contributo parlando, con il nostro gruppo di ricerca, della scoperta, documentazione, stabilizzazione, restauro fisico e virtuale, studio e monitoraggio di due travi in legno di quercia lunghe circa 8 metri  e dotate di 25 fori quadrangolari, scoperte nel 2015 e 2016 presso il sito D del Lucone di Polpenazze un abitato palafitticolo sito in area Gardesana e frequentato prevalentemente nell’Età del Bronzo. Il Lucone, grazie al frequente ritrovamento di pareti, travi, capriate, soglie e porte in legno risalente a circa 4000 anni fa, costituisce uno dei siti più importanti in Europa per la conoscenza dell’utilizzo del legno negli alzati delle palafitte.

Le due travi, risalenti a circa 4000 anni fa, sono state sottoposte a trattamento conservativo a Milano presso il Centro per il Trattamento del Legno Bagnato presso la Soprintendenza ABAP per le province di Como, Lecco, Sondrio e Varese, sono state analizzate dal CNR-IBE (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la BioEconomia) e sono state oggetto di monitoraggio prima e dopo la loro esposizione al pubblico presso il Museo Archeologico della Valle Sabbia a Gavardo (BS)

Le travi del Lucone esposte presso il MAVS – Museo Archeologico della Valle Sabbia

Credits: Archivio MAVS

Scanner a luce strutturata utilizzato per la scansione 3D dei reperti

Credits: Aerarium Chain

Noi di 7emezzo ci siamo occupati, con Aerarium Chain, della scansione 3D e del restauro virtuale delle due travi, per scoprire come venissero utilizzate nell’antichità.

La scansione è stata condotta tramite scanner a luce strutturata ed è stata integrata virtualmente grazie al restauro virtuale, che ha permesso di ricreare perfettamente la forma delle strutture lignee. 

Ed ecco la scoperta straordinaria! Le due travi, sebbene presentino irregolarità dettate dalla lavorazione con metodi artigianali, usando cunei ed asce, presentano caratteristiche comuni, soprattutto nella disposizione dei fori. 

La ricostruzione e il restauro virtuale permettono dunque di ipotizzare:

  •  che le due travi siano state progettate per essere utilizzate insieme e contemporaneamente 
  • che le travi non avessero funzione portante
  • che i fori delle due travi potessero ospitare numerose traverse in legno 

A cosa servivano allora queste travi? Ecco le tre ipotesi.

LE TRE IPOTESI

1 – Passatoia, sentiero su zona umida

Immaginiamo una funzione non portante delle travi, che possano accogliere traverse e che la struttura sia appoggiata per terra con funzione di passatoia, sentiero in legno.

2 – Scala

La parte delle punte potrebbe essere stata funzionale all’appoggio a terra della scala a pioli.

3 – Parte terminale delle travi del tetto

 

Scansione 3D – Grotte di Pertosa (SA)

In collaborazione con la Fondazione MIDA nelle Grotte di Pertosa, avanti già alle spalle numerosi studi, sono stati portate avanti indagini archeologiche, costanti lavori di conservazione e miglioramento per garantire la preservazione delle formazioni calcaree.

Le Grotte presentano infatti due unicità che consistono nell’essere le uniche grotte in Italia dove è possibile navigare un fiume sotterraneo, il Negro ed essere le sole in Europa a conservare i resti di un villaggio palafitticolo risalente al II millennio a.C.

GROTTE DI PERTOSA

Le Grotte di Pertosa, conosciute anche come le Grotte dell’Angelo, sono famose per le loro formazioni calcaree spettacolari e per i fiumi sotterranei che le attraversano. Si tratta di una serie di grotte sotterranee situate nella città di Pertosa, nella regione della Campania.

Le prime indagini furono compiute nel 1898 da due studiosi, Giovanni Patroni e Paolo Carucci. Oltre ai numerosi reperti che delinearono le diverse fasi di frequentazione umana della grotta, quest’ultimo rinvenne una struttura di legno, simile ad una palafitta; mentre Carucci, raggiungendo una profondità di 2,80 metri scoprì in una seconda palafitta.

Dopo l’apertura del sito nel 1932, gli studiosi hanno studiato e analizzato le stalattiti e le stalagmiti li presenti e nel corso degli anni hanno allestito e organizzato il geosito in percorsi turistici tali da poter camminare lungo i sentieri e attraversare i fiumi sotterranei in piccole imbarcazioni. Negli anni 2009 e 2013 di fatto la situazione si è trasformata in relazione al deposito terroso inglobato in una banchina di imbarco per i turisti e per la costruzione di una diga che ha innalzato il livello idrico sommergendo il giacimento archeologico. Le indagini moderne hanno messo in evidenza come l’impianto palafitticolo, datato con il radiocarbonio al II millennio a.C., si sviluppa sia lungo il margine sinistro dell’antegrotta che in ambienti completamente bui.

Oltre all’aspetto turistico, le grotte hanno continuato a essere oggetto di ricerche scientifiche e geologiche. Gli speleologi e gli scienziati hanno studiato la flora, la fauna e la geologia delle grotte per comprendere meglio il loro ambiente unico.

 

GROTTE DI PERTOSA, SALERNO

STORIA DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI


La storia degli scavi e dell’esplorazione di queste grotte inizia nel XX secolo. Le Grotte di Pertosa furono infatti scoperte per la prima volta nel 1932 da un gruppo di speleologi italiani. Questi speleologi, tra cui Ettore Molaroni, Antonio Romanelli, e Raffaele Bentivoglio, furono i primi a esplorare le grotte in profondità e a documentarne le caratteristiche geologiche e naturali.

Dopo la scoperta iniziale, gli speleologi continuarono ad esplorare e studiare le grotte scoprendo numerosi passaggi, vasellame, camere sotterranee e corsi d’acqua all’interno delle grotte. La prima sezione delle grotte fu resa accessibile ai visitatori attraverso sentieri e passerelle nel 1938 e solo successivamente furono installate luci per illuminare le formazioni calcaree e furono aperti nuovi percorsi turistici.

Le Grotte di Pertosa sono diventate una delle principali attrazioni turistiche nella regione della Campania e sono state oggetto di costanti lavori di conservazione e miglioramento per garantire la sicurezza dei visitatori e la preservazione delle meravigliose formazioni calcaree.

VIDEO PANORAMICO- GROTTE DI PERTOSA

Breve video panoramico delle meravigliose Grotte di Pertosa con un ringraziamento al Presidente della Fondazione MIdA Francescantonio D’Orilia, Sindaco di Pertosa Michele Caggiano, l’ingegnere Angelo Mastrangelo, gli speleologhi Antonio Coronato e Pierino Di Blasio e la responsabile marketing Fondazione MIdA Anna De Mauro

Pile 3Dwelling – Restauro virtuale


Progetto di valorizzazione e monitoraggio dei legni del sito UNESCo Lucone di Polpenazze del Garda (BS)

Il progetto “Pile 3Dwellings” per la comunicazione, il monitoraggio e la valorizzazione per il sito archeologico Lucone di Polpenazze (BS) – sito UNESCO -, nasce grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia,competente per la tutela del territorio, la  Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza Brianza, Pavia, Sondrio, Varese, da cui dipende il Laboratorio per il Restauro del Legno Bagnato, la Fondazione “Piero Simoni”, ente gestore del Museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo (BS), 7emezzo.biz e AerariumChain.




Il progetto si declina in differenti azioni che hanno come scopo quello di valorizzare le potenzialità del sito del Lucone, uno dei siti più importanti in Europa per la conservazione di elementi strutturali in legno appartenenti all’alzato. Si tratta di parti di pareti, travi, capriate, frammenti di davanzali, soglie, porte che, dopo un attento lavoro di documentazione e restauro, potranno consentire una ricostruzione sempre più accurata scientificamente di case in legno di 4000 anni fa.

Il progetto prevede sia una ricostruzione virtuale interattiva che permetterà al visitatore di consultare la collocazione e lo stato di conservazione di alcuni elementi inseriti nella scena virtuale, sia una campagna di monitoraggio tramite scansioni laser di diversi reperti lignei rinvenuti negli anni. Il progetto consentirà dunque di seguire il progressivo restauro e studio degli straordinari reperti del Lucone.




PILE 3DWELLING

Progetto per la comunicazione, il monitoraggio e la valorizzazione per il sito archeologico Lucone di Polpenazze (BS)




SCANSIONI

Sono state condotte diverse scansioni tridimensionali fotogrammetriche di reperti ceramici e di altri manufatti conservati al MAVS,  utili alla ricostruzione virtuale della palafitta









Sulle due travi in legno di quercia della lunghezza di 8 m, caratterizzate da 25 fori quadrangolari, ritrovamento eccezionale della campagna di scavo del 2015 e che costituisce un unicum nell’ambito dell’archeologia preistorica dei siti palafitticoli, la scansione è stata effettuata da AerariumChain utilizzando uno scanner a luce strutturata.


IL RESTAURO VIRTUALE

1 – Restauro virtuale e integrazione scansioni

Le scansioni (a sinistra) sono state post processate per essere inserite in altri flussi di lavoro e ricostruite virtualmente per ricreare la loro forma originale. Sotto: a sinistra la scansione di una delle due travi colorata artificialmente; a destra le anomalie della scansione.


2 – Retopology


Le scansioni integrate vengono ri-descritte con una topologia poligonale a quadrati
invece che a triangoli; le anomalie vengono chiuse e si creano mappe UV per le texture.

3 – Baking delle texture 

Le scansioni vengono poi caratterizzate dalle caratteristiche della superficie e le venature del legno delle travi originali, per conferire al modello un aspetto simile al vero. Il colore è restituito, non è quello originale perché alterato dal tempo. Sotto: le due travi a confronto con colori artificiali.


4 – Proposte di ricontestualizzazione delle travi

I modelli 3D sono stati poi analizzati metricamente e messi a confronto. Sembra che le due travi abbiano caratteristiche comuni e i fori, sebbene irregolari, siano stati creati con un ritmo comune. Si identificano perciò similitudini che portano a pensare all’uso contestuale e coevo delle due travi.

4.1 Passatoia, sentiero su zona umida

Immaginiamo una funzione non portante delle travi, che possano accogliere traverse e che la struttura sia appoggiata per terra con funzione di passatoia, sentiero in legno.





4.2 Scala

La parte delle punte potrebbe essere stata funzionale all’appoggio a terra della scala a pioli.


4.3 Parte terminale delle travi del tetto





Pile 3Dwelling – Scansioni

Progetto di valorizzazione e monitoraggio dei legni del sito UNESCo Lucone di Polpenazze del Garda (BS)

Il progetto “Pile 3Dwellings” per la comunicazione, il monitoraggio e la valorizzazione per il sito archeologico Lucone di Polpenazze (BS) – sito UNESCO -, nasce grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia,competente per la tutela del territorio, la  Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza Brianza, Pavia, Sondrio, Varese, da cui dipende il Laboratorio per il Restauro del Legno Bagnato, la Fondazione “Piero Simoni”, ente gestore del Museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo (BS), 7emezzo.biz e AerariumChain.

Il progetto si declina in differenti azioni che hanno come scopo quello di valorizzare le potenzialità del sito del Lucone, uno dei siti più importanti in Europa per la conservazione di elementi strutturali in legno appartenenti all’alzato. Si tratta di parti di pareti, travi, capriate, frammenti di davanzali, soglie, porte che, dopo un attento lavoro di documentazione e restauro, potranno consentire una ricostruzione sempre più accurata scientificamente di case in legno di 4000 anni fa.

Il progetto prevede sia una ricostruzione virtuale interattiva che permetterà al visitatore di consultare la collocazione e lo stato di conservazione di alcuni elementi inseriti nella scena virtuale, sia una campagna di monitoraggio tramite scansioni laser di diversi reperti lignei rinvenuti negli anni. Il progetto consentirà dunque di seguire il progressivo restauro e studio degli straordinari reperti del Lucone.

Il Museo Archeologico Valle Sabbia

Le collezioni del MAVS (Museo Archeologico Valle Sabbia) – Gavardo (BS) offrono al visitatore il quadro in continua evoluzione delle conoscenze riguardanti la Preistoria e la Storia della comunità umana e delle sue strategie insediative ed economiche in Valle Sabbia e più in generale nell’area gardesana occidentale. Particolare attenzione è accordata al gruppo di abitati palafitticoli di Lucone di Polpenazze e all’abitato del Lucone D, oggetto della ricostruzione virtuale interattiva nell’ambito del progetto Pile 3Dwelling. All’interno della sezione sono presenti reperti di natura ceramica, lignea e carpologica conservati in maniera ottimale grazie alle particolari condizioni ambientali.




SCANSIONI SUI REPERTI

Sono state condotte diverse scansioni tridimensionali fotogrammetriche di reperti ceramici e di altri manufatti conservati al MAVS,  utili alla ricostruzione virtuale della palafitta. I modelli risultanti dalle scansioni saranno inseriti nella ricostruzione virtuale interattiva. 

Monitoraggio delle travi in legno con Scanner a luce strutturata

Sulle due travi in legno di quercia della lunghezza di 8 m, caratterizzate da 25 fori quadrangolari, ritrovamento eccezionale della campagna di scavo del 2015 e che costituisce un unicum nell’ambito dell’archeologia preistorica dei siti palafitticoli, la scansione è stata effettuata da AerariumChain utilizzando uno scanner a luce strutturata. 

La tecnica di ripresa utilizzata è la fotogrammetria 3D – SfM (Structure from Motion), un sistema non invasivo che permette di ottenere una scansione 3D di un oggetto senza toccarlo o misurarlo direttamente. 

Un’ulteriore scansione a distanza di un mese, confrontata con la prima, permetterà di riscontrare eventuali differenze o segni di deterioramento dei reperti e di intervenire al fine di preservarli al meglio. I modelli 3D ad alta definizione, inseriti nella ricostruzione, potranno essere interrogati dall’utente restituendo informazioni sullo stato di conservazione e sul monitoraggio.

Scansione fotogrammetrica dei reperti ceramici

Per la scansione fotogrammetrica dei reperti ceramici ci siamo avvalsi dell’utilizzo di specifiche strumentazioni (fotocamere reflex professionali con obiettivi opportunamente calibrati), con la finalità di ottenere un archivio di immagini fotografiche uniformi nei parametri di esposizione, di tonalità, di saturazione, ed ottenere un modello tridimensionale fotogrammetrico altamente affidabile.

Le diverse forme ceramiche prese in esame sono state selezionate come campioni rappresentativi per via della loro morfologia e tipologia: dai recipienti da mensa (tazze, ciotole e boccali) o per servire e conservare bevande (anfore), a quelli per cucinare (scodelle e vasi troncoconici) fino ai grandi vasi per conservare derrate alimentari di vario tipo (orci e dolii). 

I reperti di dimensioni ridotte sono stati scansionati all’interno di una lightbox posizionati su una pedana girevole comandata a distanza con un controller, mentre per il vaso biconico la scansione è avvenuta 

SCOPRI DI PIù SULLA SCANSIONE 3D


La presenza di reperti provenienti dalle ricerche archeologiche sul campo e il continuo confronto con le fonti e lo studio dei dati scientifici contribuiscono a rendere l’ambientazione della ricostruzione il più verosimile possibile rispetto alla realtà storica. Ricollocando gli oggetti e gli elementi strutturali nel contesto originale è possibile comprendere la tecnica costruttiva e la particolare architettura delle palafitte, su cui restano ancora aperti degli interrogativi. Sarà inoltre possibile seguirne il processo di restauro e di studio


INTERVENTI CONCLUSI

PILE 3DWELLING

Progetto per la comunicazione, il monitoraggio e la valorizzazione per il sito archeologico Lucone di Polpenazze (BS)


RESTAURO VIRTUALE

Le scansioni delle travi in legno sono state «pulite», ridimensionate per essere inserite in altri flussi di lavoro e ricostruite virtualmente per ricreare la loro forma originale. 

Progetto Europeo – Prometheus – Scansioni 3D in Spagna e Polonia

Siamo orgogliosi di annunciare che Metaheritage s.r.l. è ufficialmente parte del progetto di ricerca europeo Prometheus. 

Prometheus si distingue per il suo approccio interdisciplinare, mirato alla raccolta, all’archiviazione e all’analisi di dati digitali legati al patrimonio architettonico. Questo lavoro è finalizzato allo studio, alla valorizzazione e all’integrazione di complessi architettonici di grande rilevanza nei circuiti turistici. Inoltre, funge da banco di prova per valutare le strategie di conservazione a lungo termine di vasti volumi di dati digitali. 

Dopo l’individuazione del primo caso studio lungo il percorso di Upper Kama in Russia e a seguito dello scoppio della guerra in quell’area geografica, il progetto ha subito una fase di rimodulazione che ha individuato come poli di indagine la Gdańsk Fortress Route a Danzica (Polonia) e la Jaime I Route nei pressi di Valencia (Spagna).

Il progetto Prometheus è finanziato nell’ambito del Programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea, che facilita la collaborazione tra università e imprese per favorire lo scambio di competenze e conoscenze, con l’obiettivo di avanzare nelle metodologie di documentazione e di conservazione del Patrimonio Culturale europeo.  

L’obiettivo di PROMETHEUS è quello di attuare un’azione interdisciplinare per la documentazione e la catalogazione delle informazioni sui beni architettonici, stimolando la formazione dei ricercatori sul valore costruttivo e storico dei Percorsi dei Beni Culturali.

La ricerca sviluppa metodologie innovative di digitalizzazione dell’architettura con l’integrazione di dati multidisciplinari e modelli informativi prodotti da figure specializzate in grado di operare sui beni del patrimonio.

Una prima azione come caso studio pilota, praticata sui monumenti presenti nel percorso di Upper Kama (Russia), è finalizzata alla definizione una “Charta”, per permetterne la replicabilità. La rete di ricercatori dei diversi settori coinvolti favorisce l’ampliamento culturale e tematico necessario per sviluppare e mostrare le competenze che il mercato richiede.

Il progetto di ricerca intende sviluppare un Sistema Informativo 3D, multidisciplinare e implementabile, che rappresenti la fase propedeutica alla gestione, manutenzione e valorizzazione degli Itinerari dei Beni Culturali presso i comitati e le amministrazioni europee. Il sistema, per essere ampiamente applicabile, è concepito per essere a basso costo e facile da replicare, e intende ottimizzare un canale innovativo di cooperazione tra ricercatori e professionisti attraverso l’uso di Protocolli Collaborativi BIM.

Scopri di più sul progetto Prometheus



studio pilota: upper kama

Lo studio comparativo dei siti mette in luce coerenza stilistica e forme e temi unitari tra il barocco moscovita e le influenze europee. I siti monumentali sono caratterizzati da architetture religiose simboliche e isolate, caratterizzate dall’uniformità stilistica degli elementi decorativi in ​​laterizio.

Il patrimonio architettonico di Upper Kama deriva da uno sviluppo culturale localizzato contenuto in una cornice storica ben definita, così come le influenze europee nei caratteri costruttivi e stilistici, diffuse attraverso scambi culturali lungo le rotte commerciali.

Un Percorso Culturale unico, per sviluppare pratiche di documentazione e digitalizzazione unificate finalizzate alla gestione amministrativa e alle pratiche di conservazione.



La rimodulazione del progetto: Danzica (PL) e Valencia (ES)

Inizialmente, come già evidenziato, il progetto prevedeva come caso di studio la regione della Kama Superiore, in Russia. Tuttavia, con lo scoppio della guerra, è stato riorientato per includere altri rilevanti complessi europei. In particolare modo, il progetto ha incluso, da una parte, la digitalizzazione dell’archivio cartografico della città di Danzica (PL) e il rilievo delle mura del centro storico; dall’altra, il rilievo delle fortezze e luoghi religiosi della via di Jaime I, nell’area di Valencia (ES).

1- DIGITALIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO CARTOGRAFICO E RILIEVO DELL’ANTICA ARCHITETTURA MILITARE DEL CONTESTO URBANO 

Danzica (PL)

Danzica, città portuale situata sulla costa del Mar Baltico, ha sempre avuto un legame fondamentale con l’acqua, che ha giocato un ruolo cruciale nelle sue fortificazioni. Sin dal Medioevo, il fiume Vistola e i canali artificiali hanno costituito il cuore del sistema difensivo, creando un paesaggio urbano caratterizzato da isole e quartieri collegati dall’acqua.

Le fortificazioni medievali, risalenti ai secoli X-XIII, sono state sottoposte a numerose trasformazioni e danneggiate durante la II Guerra Mondiale, ma alcune parti del sistema difensivo, come le mura medievali trecentesche e i bastioni, sono ancora visibili.

Per approfondire la comprensione di queste strutture storiche, è stata avviata una ricerca che ha incluso la consultazione di mappe storiche, in gran parte custodite nella Biblioteca dell’Accademia Polacca di Danzica, e la digitalizzazione dei documenti d’archivio.




Nonostante i danni subiti dall’archivio cittadino durante la Seconda Guerra Mondiale, sono sopravvissuti documenti fondamentali per la ricostruzione storica, come:

  • La pianta del 1619 di Cornelius Van den Bosch, che illustra le fortificazioni a bastioni occidentali.
  • Le viste del porto medievale di Zbierski (1964), che integrano la rappresentazione della città medievale con quella rinascimentale.

Questi documenti sono stati digitalizzati utilizzando tecnologie innovative:

1. Fotogrammetria per elementi bidimensionali, con cui si sono ottenute ortofoto ad altissima risoluzione. Attraverso l’uso di algoritmi avanzati, è stato possibile migliorare la qualità delle immagini, rendendo visibili dettagli precedentemente inaccessibili.



2. Tecnologia gigapixel, che ha prodotto immagini piramidali di oltre 700 milioni di pixel, perfettamente nitide anche a livelli di zoom elevati.


L’analisi del sistema difensivo di Danzica ha portato all’individuazione di diverse fasi:

  • Periodo X-XIII secolo: Le prime fortificazioni in legno e terra, costruite dopo l’incorporazione nello stato di Mieszko I e Bolesław il Coraggioso, furono sostituite nel 1295 da nuove strutture autorizzate da Przemysł II.
  • 1343–XVI secolo: Sotto i Cavalieri Teutonici, venne realizzato un sistema di mura in mattoni con fossati, torri e porte, alcune delle quali sopravvivono tutt’oggi. Dal 1482, le fortificazioni furono integrate con bastioni in legno e terra.
  • Periodo rinascimentale e moderno: L’uso della polvere da sparo rese le mura obsolete, trasformandole in elementi funzionali o demolendole.
  • XIX-XX secolo: Le fortificazioni marittime e collinari vennero adattate per scopi militari durante la Seconda Guerra Mondiale.

Oggi, il paesaggio appare frammentato, con molte delle strutture medievali nascoste da infrastrutture moderne o integrate in contesti industriali.

Le operazioni di rilievo, fondamentali per documentare e analizzare il patrimonio urbano di Danzica, hanno utilizzato un approccio integrato basato su:

1. Laser scanning terrestre (TLS) e mobile (MLS), che hanno prodotto dei rilievi 3D (nuvole di punti ad alta densità) delle aree urbane, dai bastioni rinascimentali alle fortificazioni lungo il corso della Vistola.



2. Fotogrammetria da drone, combinata con rilievi GPS, per allineare i dati acquisiti da diverse piattaforme e creazione di modelli tridimensionali, arricchiti da un database di texture, shader e campioni architettonici, utile per il restauro virtuale e la pianificazione edilizia. 

Questi rilievi hanno generato un’enorme quantità di dati, tra cui mappe ortografiche, modelli tridimensionali e dataset di elementi architettonici, tutti integrati in un sistema informativo centralizzato. 



Il progetto ha sviluppato un sistema informativo complesso, strutturato per produrre due principali tipologie di rappresentazioni:

  1. Ripristino del paesaggio attuale: identificazione delle aree da restaurare e creazione di proposte visive dettagliate per il recupero.
  2. Percorso culturale immaginato: utilizzo di mappe e modelli avanzati per delineare nuovi itinerari storico-culturali, con una visione chiara del patrimonio e della sua evoluzione.

Queste rappresentazioni multidimensionali, che includono disegni tecnici, modelli 3D e contenuti multimediali, offrono una visione olistica del patrimonio urbano di Danzica.

In conclusione, il progetto ha creato un’infrastruttura digitale che collega la ricerca storica con le tecnologie più avanzate, rivoluzionando lo studio e la gestione del patrimonio culturale. Attraverso la digitalizzazione, l’analisi e la modellazione tridimensionale, è stato possibile:

  • Documentare e conservare il sistema difensivo della città.
  • Favorire la valorizzazione culturale e turistica.
  • Fornire strumenti innovativi per il restauro e la pianificazione urbana.

Questa combinazione di approcci tradizionali e moderni rappresenta un modello esemplare per la conservazione del patrimonio nell’era digitale.

2- LE CRUZ DE TÈRMINO E LE CRUZ CUBIERTAS

TERRITORIO DI VALENCIA (ES)

Le Cruz de Tèrmino e le Cruz Cubiertas sono monumenti medievali caratteristici del territorio valenciano, emersi durante l’espansione del regno aragonese nel XIII secolo. Introdotti sotto Giacomo I d’Aragona, detto “il Conquistatore”, segnavano simbolicamente la riconquista cristiana dei territori sottratti al dominio musulmano. Questi monumenti servivano come strumenti di legittimazione politica e religiosa, posizionati strategicamente nei pressi di centri urbani e lungo strade per marcare i confini del regno e richiamare i viandanti alla devozione.

Il progetto, realizzato in collaborazione con l’Università Politecnica di Valencia, ha approfondito lo studio architettonico e simbolico di queste croci, evidenziandone il ruolo storico-culturale. Le ricerche si sono concentrate sulle Cruz Cubiertas, strutture più complesse rispetto alle semplici Cruz de Tèrmino, in quanto dotate di una copertura protettiva ed è stata individuata come area di studio quella relativa a Valencia. Il lavoro si è concentrato sulle croci monumentali costruite lungo le strade principali e nei pressi delle città, luoghi che, nel contesto medievale, fungevano da segnalazioni visive del dominio cristiano.

A livello tecnico, sono state impiegate tecniche avanzate di rilievo fotogrammetrico per analizzarne l’evoluzione, la distribuzione e il valore religioso. Lo studio ha prodotto modelli 3D dettagliati, favorendo una nuova comprensione delle loro caratteristiche costruttive e del loro impatto simbolico.

Le attività condotte nel corso del progetto sono state principalmente orientate alla realizzazione di un rilievo fotogrammetrico delle Cruz Cubiertas e alla elaborazione dei modelli.

1. Rilevamento Fotogrammetrico: utilizzando droni e fotocamere di alta qualità, sono stati acquisiti 1.662 scatti per generare modelli tridimensionali accurati delle Cruz Cubiertas. La metodologia prevedeva la copertura completa delle strutture con riprese da diverse angolazioni, incluse quelle aeree, per un’analisi completa.

2. Elaborazione dei Modelli: I dati acquisiti sono stati processati tramite il software Agisoft Metashape Pro, che ha permesso di generare modelli 3D altamente dettagliati delle croci. Sono stati ottenuti dense cloud e mesh che hanno permesso di documentare i dettagli architettonici e scultorei, nonché di confrontare le strutture differenti.



La fotogrammetria è stata scelta come metodologia principale in quanto consentiva di effettuare il rilevamento in tempi relativamente brevi, pur mantenendo una precisione elevata. Questo è stato particolarmente utile in quanto molte delle Cruz Cubiertas si trovano in aree ad alta densità urbana o lungo strade trafficate, dove altre metodologie di rilevamento avrebbero incontrato difficoltà logistiche.

Un altro aspetto importante del progetto è stata la gestione di casi problematici durante i rilievi che ha portato a una lunga fase di post-produzione per correggere e rifinire i modelli 3D, assicurando comunque una rappresentazione precisa della struttura.

In conclusione, il progetto ha confermato l’importanza delle Cruz Cubiertas come simboli di fede e potere politico del regno aragonese. Le scansioni dettagliate non solo valorizzano questi monumenti, ma costituiscono una base per future ricerche, mappature e iniziative di tutela. Una mappatura georeferenziata delle Cruz de Tèrmino e Cruz Cubiertas potrebbe rivelare importanti connessioni tra la viabilità medievale e la diffusione del regno aragonese.

Diffusione dei risultati



Prometheus H2020, Interdisciplinary actions for the documentation and elaboration of an information system on cultural heritage routes, 27 ottobre 2023, Gdansk, Polonia


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Prometheus H2020, Documenting Cultural Heritage Routes through Digital Technologies, The military architecture of Gdansk, 31 marzo 2023, Firenze


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Bursich Daniele; Parrinello Sandro, The “PROMETHEUS” European Project: Gdańsk Fortress Route (Poland), in Proceedings, 2024, 96, 18.


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Musei Reali di Torino – Riproduzioni archeologiche




In occasione del nuovo allestimento della Galleria Archeologica dei Musei Reali di Torino, abbiamo realizzato supporti e riproduzioni accessibili e repliche archeologiche del tutto fedeli a tre opere presentate. Questo nuovo percorso di visita si snoda in dieci sale e raccoglie più di 1000 opere, alcune delle quali mai esposte prima.

“Il patrimonio del Museo di Antichità è stato messo in scena come un affascinante viaggio nel tempo e nello spazio, che ripercorre la nascita delle prime collezioni per poi avventurarsi lungo la Galleria delle Sculture, sulla quale si affacciano le sale riservate alle diverse civiltà, da esplorare liberamente. Il percorso è scientificamente aggiornato secondo gli ultimi risultati degli studi internazionali ed è stato concepito fin dall’inizio secondo il principio del design for all.

crediti Musei Reali – Studio Gonella


Riproduzioni archeologiche

Le riproduzioni archeologiche sono destinate all’esposizione come soluzione per sostituire un reperto durante il periodo di prestito per una mostra o come vero e proprio oggetto prestato per ridurre i rischi legati al trasporto e alla movimentazione, soprattutto nel caso di pezzi che presentano fragilità o un’alta probabilità di danneggiamento. Ci è stato richiesto di realizzare le riproduzioni di tre reperti provenienti dalla collezione archeologica, che si distinguono per il loro grandissimo valore storico e artistico. La testa di una statua di Cleopatra VII, il ritratto scultoreo di Cesare, ritenuto uno dei più somiglianti nei tratti al volto del condottiero romano e il rilievo assiro del re Sargon II, una delle più raffinate rappresentazioni del sovrano.

Testa di Sargon II

Una finissima rappresentazione del sovrano assiro Sargon II (717 – 707 a.C.) di cui si apprezza la cura nella rappresentazione dei dettagli del viso, incorniciato dall’elaborata acconciatura a ciocche e riccioli e dalla lunga barba, e la tipica tiara ​regale troncoconica a puntale, espressioni della regalità del sovrano. Il rilievo si sviluppa in altezza per 88,7 cm per una larghezza massima di 51,2 cm e una profondità di 12,5 cm. 


Testa da statua di Cleopatra

La testa proviene da una statua della sovrana Tolemaica datata alla seconda metà del I secolo a.C. Realizzata in marmo di Thasos, è testimonianza di quei secoli di grandi scambi culturali fra tradizioni locali, Oriente e Occidente, che, da Alessandro Magno in poi, viene detta koiné culturale (termine che definisce la diffusione e commistione di linguaggi artistici e letterari di forte matrice greca in un’area del Mediterraneo sempre più vasta). La testa ha le dimensioni di 31 cm di altezza, 18, 4 cm di larghezza e una pronfondità di 20,7 cm. 


Ritratto di Cesare

Ritratto proveniente dal foro di Tusculum, preziosissima testimonianza artistica probabilmente contemporanea a Cesare stesso. La resa molto verosimile di un uomo che sta invecchiando, stempiato e con rughe profonde, potrebbe corrispondere al suo aspetto all’età di 56 anni. Il ritratto è alto 45,5 cm, largo 23,5 cm per una profondità massima di 19,4 cm. 


creazione del modello 3d

Per ottenere le riproduzioni, siamo partiti da una scansione fotogrammetrica a camera libera del reperto. La fotogrammetria tridimensionale è una soluzione rapida e estremamente efficace in questi casi: per ogni scatto una macchina fotografica impressiona dai 12 ai 50-60 milioni di pixel, permettendo un’acquisizione ad alta definizione, che incorpora anche informazioni spaziali.


stampa della riproduzione

La stampa 3D risultante dal modello acquisito con fotogrammetria


Il modello 3D elaborato digitalemente è stato stampato utilizzando una stampante 3D a resina (LFS – Low Force Stereolithography). 


rielaborazione manuale

La stampa 3D ottenuta viene eleborata manualmente per accrescere il più possibile il grado di fedeltà rispetto all’originale, nella sua forma, colore e texture. Dopo aver scartavetrato, stuccato e rifinito la stampa, viene dipinta con colori a tempera, a copia dell’originale e finita con vernice trasparente opacizzante. 



Le stampe potranno essere prestate ai musei che ne faranno richiesta per essere esposte nelle loro sedi al posto delle originali. Questa soluzione è stata adottata per ridurre i rischi legati al trasporto e alla movimentazione di reperti unici nel loro genere, testimonianze tanto preziose quanto fragili.


Testa di Sargon: l’originale a confronto con la replica archeologica

ULTIMI AGGIORNAMENTI


Dal 19 febbraio 2022 apre al pubblico la Galleria Archeologica, un’inedita sezione dedicata alle civiltà del Mediterraneo antico, dove sono custoditi reperti di rara bellezza e di inestimabile valore storico.

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Pile 3Dwelling- scansione 3D e monitoraggio

Progetto di valorizzazione e monitoraggio dei legni del sito UNESCO Lucone di Polpenazze del Garda (BS)

Il progetto “Pile 3Dwellings” per la comunicazione, il monitoraggio e la valorizzazione per il sito archeologico Lucone di Polpenazze (BS) – sito UNESCO -, nasce grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia,competente per la tutela del territorio, la  Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza Brianza, Pavia, Sondrio, Varese, da cui dipende il Laboratorio per il Restauro del Legno Bagnato, la Fondazione “Piero Simoni”, ente gestore del Museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo (BS), 7emezzo.biz e AerariumChain.

Il progetto si declina in differenti azioni che hanno come scopo quello di valorizzare le potenzialità del sito del Lucone, uno dei siti più importanti in Europa per la conservazione di elementi strutturali in legno appartenenti all’alzato. Si tratta di parti di pareti, travi, capriate, frammenti di davanzali, soglie, porte che, dopo un attento lavoro di documentazione e restauro, potranno consentire una ricostruzione sempre più accurata scientificamente di case in legno di 4000 anni fa.

Il progetto prevede sia una ricostruzione virtuale interattiva che permetterà al visitatore di consultare la collocazione e lo stato di conservazione di alcuni elementi inseriti nella scena virtuale, sia una campagna di monitoraggio tramite scansioni laser di diversi reperti lignei rinvenuti negli anni. Il progetto consentirà dunque di seguire il progressivo restauro e studio degli straordinari reperti del Lucone.

Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino

Il fenomeno delle palafitte ha caratterizzato l’area alpina nel corso di un vastissimo arco temporale che dal Neolitico arriva sino all’Età del Ferro (5300-500 a.C.). Le particolari condizioni ambientali lungo le rive di laghi, fiumi, stagni e paludi, dove sorgevano gli abitati, hanno preservato in maniera ottimale questi manufatti unici, preziosa fonte per la ricostruzione storica, economica e naturalistica. 

Nel giugno del 2011 il sito seriale transnazionale “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” è stato inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. I 111 luoghi selezionati, tra circa 1000 esistenti, sono dislocati tra Svizzera, Francia, Germania, Austria, Slovenia e Italia, dove sono 19 tra Lombardia, Veneto, Piemonte, Trentino e Friuli Venezia Giulia. 

Le aree archeologiche sono state scelte in quanto rappresentative a livello cronologico e geografico del fenomeno, illustrative di variabili strutturali, con condizioni di conservazione adeguate e con un potenziale per indagini future e per valorizzazione e divulgazione, anche in relazione a musei e parchi naturali. La creazione del sito UNESCO sottolinea l’unicità di questi contesti e l’eccezionalità dei ritrovamenti, ma anche la loro fragilità che necessita di un maggiore impegno per preservarli a vantaggio delle generazioni future.



Il sito di Lucone di Polpenazze è iscritto al sito seriale transnazionale UNESCO “Pile dwellings around the Alps”. Oltre l’assoluta importanza storico-culturale dei siti che hanno aderito, la rete costituisce un valido esempio di collaborazione internazionale che ha permesso la progettazione e lo sviluppo di progetti di ricerca complessi, eventi congiunti e bandi di ricerca.



L’area gardesana e Polpenazze del Garda 

L’area del Lago di Garda è fondamentale per lo studio delle palafitte dell’Età del Bronzo in Italia. Sono presenti insediamenti sia lungo le coste meridionali, che nelle torbiere, in antichità occupate da piccoli laghi. 

Il Lucone di Polpenazze è uno dei bacini inframorenici più estesi tra quelli del gardesano, posto a Ovest del lago, in provincia di Brescia. Le prime indagine archeologiche risalgono solamente agli anni ’60 del XX secolo e le successive ricerche hanno portato all’individuazione di 5 insediamenti differenti. 

La prima occupazione umana del bacino risale al IV millennio a.C. (Lucone C), ma il momento di massima frequentazione si data alla fase antica e media dell’Età del Bronzo tra il 2200 e il 1400 a.C. circa (Lucone A,B,D,E).

Il sito Lucone D


Dal 2007 il Museo Archeologico della Valle Sabbia, con il sostegno economico di Regione Lombardia e dei comuni di Gavardo e Polpenazze del Garda, ha ripreso le ricerche con uno scavo nel sito Lucone D, sul lobo orientale del bacino, già oggetto di un piccolo saggio nel 1986. La particolarità di questo abitato, di durata limitata rispetto agli altri, risiede nell’incendio che lo ha interessato non molti anni dopo la sua prima costruzione. Numerose case sono bruciate, causando il crollo in acqua di strutture in legno e restituendo agli studiosi molti elementi che di solito non si conservano: nella maggior parte dei casi, infatti, di questo tipo di abitazioni vengono rinvenuti solo i pali verticali di sostegno.


Ogni anno dall’area di scavo provengono numerosi manufatti in ceramica, osso, pietra e metallo, oggetti funzionali e ornamentali, testimoni delle abitudini di vita degli abitanti delle palafitte, ossi di animali e resti vegetali, che forniscono informazioni sulla loro dieta e economia, ma anche semi, spighe e polline, che permettono di ricostruire l’ambiente naturale circostante. 




Gli elementi lignei rinvenuti finora sono oltre 1300 (zappe, recipienti, vassoi, suppellettili, …) e vengono progressivamente sottoposti ad analisi dendrocronologiche che hanno stabilito, ad oggi, che i pali ricavati dagli alberi abbattuti in epoca più antica risalgono al 2034 a.C. e i più recenti al 1967 a.C. L’abitato deve avere quindi avuto una durata di circa 70 anni, durante i quali si è verificato l’incendio. 


Tra i manufatti in legno degli ultimi anni si possono citare un manico decorato di uno strumento in legno di difficile identificazione, rinvenuto nel 2018 e un manufatto ligneo, provvisoriamente interpretato come gerla, composto da un elemento a forcella che racchiudeva un intreccio vegetale, rinvenuto nel 2019. Negli anni precedenti erano state individuate due travi in legno di quercia, lunghe 8 metri e caratterizzate da 25 fori quadrangolari e nel corso dell’ultima campagna di scavo, conclusa nell’agosto 2020, è stata riportata alla luce una porta con asole e chiavistelli datata al 2034 a.C.  



Monitoraggio degli elementi lignei

In questo contesto di scoperte di inestimabile valore, risulta fondamentale conoscere e monitorare la condizione dello stato di conservazione degli elementi lignei. L’obiettivo è duplice: evitare un possibile deterioramento una volta portati alla luce, ma soprattutto aumentarne la durabilità nel tempo.


La soluzione di monitoraggio identificata è quella proposta dalla startup AerariumChain. Grazie all’impiego di nuove tecnologie e strumentazioni ad alta precisione, il sistema consente un controllo affidabile e facilmente ripetibile delle condizioni dei reperti.

AerariumChain utilizza attualmente scanner a luce strutturata, i quali forniscono modelli 3D ad alta definizione dei reperti. Comparando diverse scansioni, grazie a sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale, è possibile identificare precocemente fenomeni di deterioramento del reperto, ma anche avviare per tempo i processi curativi necessari.

Il monitoraggio, basato su tecnologie all’avanguardia, diventa anche un driver per la creazione di nuove modalità di fruizione, tra cui la ricostruzione 3D, la realtà aumentata e la stampa 3D per incrementare l’accessibilità dei musei.


Intervento di ricostruzione 3D

Lo scopo dell’intervento di è ricollocare nel contesto originale gli elementi lignei e i reperti che sono stati rinvenuti durante le campagne archeologiche, al fine di comprendere l’architettura dei complessi abitativi palafitticoli, la tecnica costruttiva delle strutture portanti e il loro assemblaggio. 

La ricostruzione 3D costituisce un punto di arrivo per questi primi 15 anni di analisi e ricerche multidisciplinari condotte su questo sito. Oltre all’architettura, infatti, verranno rappresentati puntualmente la flora, la fauna e le coltivazioni coeve che caratterizzavano l’ambiente circostante l’abitato D. All’interno della ricostruzione virtuale verranno anche inserite le scansioni dei manufatti rinvenuti e degli oggetti lignei monitorati. La ricostruzione 3D è interattiva e permette all’utente di consultare in tempo reale la collocazione, lo stato e i dati di conservazione del legno. 

Il flusso di lavoro (workflow) è caratterizzato da un ambiente condiviso on line per la gestione e l’archiviazione dei dati. Per gestire l’avanzamento del lavoro viene utilizzato Gitlab. Tutti i software utilizzati sono open-source, come per esempio il modellatore utilizzato (Blender) oppure l’ambiente di sviluppo della scena 3D (Unreal Engine 4). 


INTERVENTI CONCLUSI

SCANSIONI

Sono state condotte diverse scansioni tridimensionali fotogrammetriche di reperti ceramici e di altri manufatti conservati al MAVS,  utili alla ricostruzione virtuale della palafitta


RESTAURO VIRTUALE

Le scansioni delle travi in legno sono state «pulite», ridimensionate per essere inserite in altri flussi di lavoro e ricostruite virtualmente per ricreare la loro forma originale. 


ULTIMI AGGIORNAMENTI

Presentazione risultati campagna di scavo 2021 al Lucone di Polpenazze


Martedì, 21 Settembre, 2021

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2021, venerdì 24 settembre alle ore 17:00, presso la Soprintendenza BAP-BG-BS, via G. Calini (BRESCIA), ci sarà la conferenza “Novità dagli scavi della palafitta del Lucone di Polpenazze”, tenuta da Marco Baioni, direttore degli scavi e del Museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo.

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Lo stesso giorno, alla ore 18:00 presso l’Info Point, Palazzo Martinengo Cesaresco (BRESCIA), ci sarà la visita guidata a “Palafittes, patrimonio dell’Umanità”
▸ La prenotazione è obbligatoria: inviare una mail a claudia.pepe@beniculturali.it entro le 18:00 di mercoledì 22 settembre.

☛ Per la partecipazione agli eventi, sarà necessario essere in possesso di GREEN PASS



Museo Diffuso di Angera (VA) – Digitalizzazione reperti archeologici



Scansioni e stampa 3D di reperti archeologici per la creazione di percorsi tattili

Abbiamo supportato il museo in numerosi aspetti della valorizzazione del patrimonio: dallo sviluppo dell’immagine coordinata alla produzione di materiale grafico e divulgativo, dalla co-progettazione di momenti formativi alla documentazione e alla riproduzione di opere e reperti, fino allo sviluppo di percorsi tattili e accessibili grazie all’uso della stampa 3D.

Scopri di più sulla realizzazione di repliche archeologiche



interventi COMUNICATIVI CONCLUSI

INTERVENTO COORDINATO 

 

Abbiamo prodotto elementi di comunicazione integrata con del materiale stampato relativo al Museo Diffuso e assistito il museo archeologico nell’arricchire la documentazione digitale dei reperti e realizzato percorsi tattili innovativi grazie alla stampa 3D.


Produzione di elementi di comunicazione integrata

 

Rigenerazione del materiale stampato (cartina pieghevole) che raccorda tutti i monumenti, punti di interesse – POI – e eccellenze locali relativi al territorio comunale.


I reperti scansionati

Quattro sono finora i reperti del museo di cui è stata realizzata una replica: a tre contenitori ceramici di età romana facenti parte della Collezione Pigorini Violini Ceruti, tra i pochi reperti superstiti degli scavi ottocenteschi condotti presso la necropoli romana di Angera, si è aggiunta di recente una quarta replica di un oggetto preistorico di grande pregio: si tratta di un “Vaso a fruttiera” preistorico, un contenitore ceramico di grandi dimensioni risalente al Neolitico Antico (circa 7000 anni fa), scoperto nel 2004 durante gli scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio nei pressi dell’odierno cimitero della città. 


Repliche che hanno permesso di “far uscire” i reperti dalle vetrine, in modo da implementarne la comprensibilità ed accessibilità grazie alla realizzazione di veri e propri percorsi tattili all’interno del Museo Archeologico.


Scansione 3D

In collaborazione con Associazione di Promozione Anemos, abbiamo assistito il museo nell’arricchire la documentazione digitale dei propri reperti tramite fotogrammetria 3D e, ricorrendo alla stampa 3D degli stessi, abbiamo progettato e realizzato percorsi tattili innovativi. Il ricorso alla fotogrammetria 3D è estremamente utile per la documentazione di reperti antichi o molto fragili, poiché permette di ottenere una replica digitale in alta risoluzione di un oggetto senza contatto diretto. Per queste ragioni è particolarmente apprezzata dagli Enti preposti alla Tutela e Conservazione del Patrimonio (Soprintendenze), ma anche dai Musei in prima linea nella valorizzazione: dalla scansione ottenuta infatti è successivamente possibile ottenere una replica 3D del reperto che i visitatori potranno ammirare da vicino e toccare direttamente.




Scopri di più sul corso di Scansione 3D dell’Associazione Anemos



Stampa 3D

I manufatti scansionati sono stati riprodotti con l’ausilio della stampa tridimensionale. La stampa è stata effettuata con macchine ad estrusione termica che hanno permesso di creare dei modelli plastici bianchi molto leggeri ma resistenti. Possono essere manipolati senza paura da parte dei
visitatori, che possono toccare con mano i reperti, ed essendo infrangibili, sono adatti anche ai più piccoli. Inoltre questo tipo di supporto per la didattica è perfetto per tutte quelle categorie di disabilità visive che non possono percepire con gli occhi la realtà circostante. Grazie a questo sistema e ad altri percorsi che integra il museo archeologico di Angera, come il sistema descrivedendo , permettono alla persona ipo- o cieco di osservare i manufatti esposti con la manipolazione. 



CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO


Il Civico Museo Archeologico e Diffuso di Angera (VA), sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, è una perla che permette di riscoprire la storia più antica del Basso Verbano, dal Paleolitico fino alla fine dell’età romana. In questo luogo è possibile viaggiare nel tempo, tra strumenti preistorici in selce, gioielli celtici, manufatti romani, semi antichi e panini di 2000 anni fa perfettamente conservati. Il Museo Diffuso ripercorre e comunica 15.000 anni di storia del territorio, valorizzando il patrimonio culturale della città.


Scopri di più sul Civico Museo Archeologico di Angera


Mantova, Palazzo Te – Scansioni 3D

Nella meravigliosa cornice di Palazzo Te a Mantova abbiamo realizzato le scansioni 3D dei rilievi cinquecenteschi della Camera delle Cariatidi. Gli stucchi , originariamente collocati a Palazzo Ducale, sono stati spostati a seguito di un intervento di restauro del palazzo del 1813. Grazie alla stampa dei modelli risultanti dalle nostre scansioni, le decorazioni raffiguranti le cariatidi potranno tornare a essere apprezzate nella loro sede originale. 

palazzo te e la camera delle cariatidi

L’intero complesso, decorato tra il 1525 e il 1535, fu ideato e realizzato da Giulio Romano (1499 – 1546) per Federico II Gonzaga (1500 – 1540) come luogo destinato all’ozio del principe e ai fastosi ricevimenti. Sebbene anche esternamente si conservino tracce di zone affrescate, è soprattutto negli interni che il visitatore può apprezzare la preziosa decorazione ad affresco e i raffinatissimi stucchi che ornano la villa.

Scopri di più su Palazzo Te




La Camera delle Cariatidi è l’ambiente del palazzo che nel tempo ha subito le trasformazioni più radicali. Agli apparati originali visibili nei tondi della fascia superiore del fregio, probabilmente opera di Nicolò da Milano, sono stati accostati gli stucchi cinquecenteschi provenienti da palazzo Ducale, realizzati su disegno di Giulio Romano per l’appartamento vedovile di Isabella d’Este e per l’appartamento di Troia. Di questa integrazione, frutto di un intervento dello Staffieri del 1813, fanno parte le cariatidi da cui la camera prende il nome, i telamoni e i pannelli raffiguranti le tre parti del giorno della fascia sottostante. 


Scopo del progetto è stato dunque ottenere una replica virtuale delle opere, da restaurare digitalmente, asportando le modifiche e integrazioni apportate nei secoli ai bassorilievi riportandoli al loro aspetto cinquecentesco.
L’intervento è stato supportato da approfondite indagini storiche e di archivio, che hanno permesso di ricostruire la storia e la stratificazione degli adattamenti e delle modifiche apportate ai bassorilievi, ed ha permesso di ottenere una stampa 3D delle opere nella loro veste originaria cinqucentesca.

Abbiamo eseguito la scansione 3D con laserscanner delle opere, riadattandole virtualmente sulla base dei risultati delle ricerche storiche condotte sulle stesse. Infine, grazie alla stampa 3D, le repliche saranno alloggiate presso gli appartamenti di Palazzo Ducale da cui furono asportate, tornando a completarne la magnifica decorazione.



Scopri di più sul posizionamento delle stampe 3D